Va bene, avete ragione, dovevo scrivere moltissimi articoli in questo periodo sulle elezioni. Sfortunatamente, a causa dell’opposizione dei Poteri Forti e di George Soros (dopotutto è sempre colpa loro…) non sono riuscito a fare il mio dovere.

Per rimediare farò un “riassuntone elettorale”, per cui non potrò approfondire molto, per ovvie ragioni.

Eh sì, in effetti mi sto prendendo troppe libertà in questo articolo…


Partiamo dalle primarie del Partito Democratico svoltesi il 30 aprile, in cui si è (ri)visto il trionfo di Matteo Renzi (66.17% dei voti). I suoi sfidanti sono stati il ministro della giustizia Andrea Orlando (19.96%) ed il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano (10.87%).

Da questo punto di vista no c’è nulla di particolarmente interessante: i risultati sono stati largamente previsti dai sondaggi, tanto che si è parlato di un congresso fatto ad hoc dal segretario uscente per ottenere un plebiscito.

Proprio a partire da queste considerazioni la questione si è spostata sull’affluenza: quante persone andranno a votare quando il risultato è così scontato? Quanti “voti” si è portato via Mdp (Movimento Democratici e Progressisti di Bersani&Co.)? Gli elettori sono stati 1.8milioni, circa un milione in meno delle ultime consultazioni, ma molti di più delle (basse) aspettative. Inoltre, c’è da dire che l’affluenza al sud è aumentata rispetto al 2013. Se questo sia merito dei mille giorni di Renzi o di Emiliano è ancora da vedere.

In conclusione Renzi è il successore di se stesso alla segreteria del Pd, Maurizio Martina (ministro delle politiche agricole) è il suo vice e nell’Assemblea nazionale del partito ci sono tantissimi under30.

Matteo Renzi apre la Kermesse Lingotto '17


Una settimana dopo si è tenuto il ballottaggio per l’elezione del Presidente della Repubblica Francese. Anche in questo caso i sondaggi hanno previsto la vittoria del centrista Emmanuel Macron (66.1%) su Marine Le Pen (non metto la percentuale perché basta fare centro meno i voti di Macron…).

La partita si sposta ora sulle legislative di giugno, che saranno essenziali per capire come si muoverà il governo nei prossimi cinque anni. Queste elezioni, infatti, portano due straordinarie novità nel panorama politico francese: per la prima volta il Presidente non appartiene ad uno dei due schieramenti tradizionali, e difficilmente un qualunque partito otterrà la maggioranza all’Assemblea nazionale.

Come detto in un precedente articolo, il 7 maggio 2017 segna la fine de facto della Quinta Repubblica. Come sarà la sesta lo scopriremo soltanto vivendo.

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Il 14 maggio si sono svolte due importanti (importanti?) elezioni. La prima si è tenuta in Germania,  precisamente nel Nordreno-Westfalia. Quest’ultimo è il Land (stato federale) più popoloso, storica roccaforte della sinistra e considerato da molti un termometro politico per le elezioni federali che si terranno a settembre.

Sfortunatamente per Martin Schulz, i socialdemocratici (SPD) hanno preso circa il 30% (nove punti in meno dal 2012), mentre i cristiano-democratici (CDU) di Angela Merkel si posizionano al primo posto con quasi il 35%.

Sempre a fine “previsionale” per le sempre più prossime legislative, è necessario segnalare che i liberali (FDP, che nel 2013 non sono riusciti ad eleggere rappresentanti al Bundestag) sono arrivati terzi con il 12%, mentre la destra xenofoba (AfD) si è attestata al 7.5%. I Verdi e la sinistra (Linke) sono i grandi sconfitti, conquistando rispettivamente il 6 ed il 5%.

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Ultime, ma non ultime, sono le primarie della Lega Nord. Riconfermato segretario Matteo Salvini con quasi l’ 83% dei voti, sconfiggendo l’assessore lombardo Gianni Fava. Questi è stato sostenuto da tutti i leghisti (principalmente della nomenklatura del partito)  contrari alla svolta lepenista e nazionalista. In particolare, il leader storico Umberto Bossi ha parlato di “fine della Lega”.

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-Mario (@DRMario99)